Chi è Mauro Borrini

A soli otto anni suonava la chitarra classica, riuscendo persino a riprodurre celebri colonne sonore. A tredici invece incontrava casualmente un “personaggio strano” che come lui aveva la passione per lo strumento a sei corde. Col fratello minore, Marco,  ha vinto a “testa o croce” per chi avrebbe suonato la chitarra nella nuova band che aveva come voce quel ragazzo un pò particolare, oggi personaggio a tutti gli effetti: Biagio Antonacci.

Mauro Borrini mi riporta indietro con lui di almeno quarant’anni. E lo fa in modo impeccabile, forse perché nella premessa c’era qualcosa di fascinoso: “sappi che io parlo come… suono”. Mauro da piccolo era attratto dalla macchina da scrivere, tanto da prendere un foglio e una penna e chiederla a Babbo Natale. Poi però, un giorno qualunque dei suoi otto anni, Mauro si trovava a camminare per il parco adiacente alla sua scuola, quando a un certo punto nota un giovanotto suonare la chitarra. Ne rimase elettrizzato da quello strumento, tanto da tornare a casa per modificare la sua richiesta al signore dalla barba lunga. “Fu il regalo più bello in assoluto”, ricorda sorridente Mauro che a pochi giorni dallo scarto della sua prima chitarra, sapeva imbracciarla a dovere, intonando pezzi conosciuti come “Il padrino”. “Mio fratello Marco suonava il basso e quando arrivò il momento di creare una band col chitarrista del parco, un certo Biagio, fecimo il gioco della moneta per chi avrebbe suonato la chitarra e… vinsi io”. Entrambi prediligevano le sei corde ma la sorte aveva scelto Mauro quindi il fratello Marco, per amore del nuovo gruppo, si comprò un basso. Il quartetto, che vedeva anche un organista, era finalmente composto da Mauro alla chitarra, Marco al basso e dal cantante (e batterista) Biagio Antonacci. Non sveleremo il nome del giovane gruppo perchè lo scoprirete al termine della nostra intervista. Il tempo scorreva veloce negli anni delle superiori, quando Mauro e la band cominciavano a farsi conoscere per il paese e raccogliere consensi nelle serate ai pub. “Negli anni a fare gruppo erano diventate anche le nostre famiglie, sempre molto disponibili tanto da contribuire notevolmente alla nostra fama. Il padre di Biagio, Paolo Antonacci, si occupava di tutti i contatti ed era quindi il nostro manager, mentre mio padre, uomo di prestigio, con la sua rete di conoscenze ci suggeriva i migliori strumenti in circolazione”. Strumenti che più avanti ritorneranno nella professione di Mauro. A seguito di parecchi anni insieme, le cose però presero un’altra piega: “i pezzi scritti da Biagio avevano un grande successo ma le cover musicali molto meno, quindi il cantante (in possesso del suo diploma da geometra) andò per due anni in cantiere”. Mauro invece, terminati gli studi, fece tre anni al servizio militare e in seguito decise di aprire uno dei primi negozi in Italia in cui si vendevano i ricambi per gli strumenti. Ora: se eravate seduti a leggere, vi consiglio di rimanerci. Biagio da lì a poco lascia il lavoro col calcestruzzo per andare a progettare quello che sarebbe stato il suo futuro e negli anni ’90 riesce a ottenere il suo primo contratto discografico. Chi chiamerà al suo fianco, come in quegl’anni al piano bar? Mauro Borrini a cui propose di cercargli una band. Dovette rifiutare per via dell’attività in gestione per cui si dedicava quotidianamente e  e quindi delegò altri. Sempre in quell’anno, però, il mercato dei pezzi da sostituzione era in declino e quindi Mauro decise di chiudere l’attività e cominciare a prendere lezioni da Andrea Ricca e Filippo Dacò. A vent’anni il chitarrista, sentiva ancora più forte la necessità di creare una band con il fratello Marco (bassista) e Roberto Reti, corista di Biagio. “Una sera ci trovavamo a suonare a Crema, quando ad un certo punto…”.

Segui seconda parte “E’ il Re (bemolle) della chitarra“.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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